«Quindi passando la vergine cruda vide terra, nel mezzo del pantano, senza coltura e d’abitanti nuda. Lì per fuggir ogni consorzio umano, ristette con suoi servi a far sue arti, e visse, e vi lasciò il suo corpo vano. Li uomini poi che’ntorno erano sparti s’accolsero a quel luogo, ch’era forte per lo pantan ch’avea da tutte le parti. Per la città sovra quell’ossa morte; e per colei che’l luogo prima elesse, Mantua l’appellar sanz’altra sorte».
(Inferno, XX, 82-93).

La fondazione della città di Mantova, così come è narrata nel racconto dei celebri versi danteschi, è da ritenersi certamente leggendaria. I versi di Dante forniscono tuttavia una sia pur sommaria caratterizzazione del sito, individuando connotazioni destinate a rimanere inalterate nel tempo: un insediamento urbano circondato dalle stagnanti acque del fiume Mincio e un elevato grado di sicurezza difensiva. Due elementi che nell’intreccio di supposizioni che accompagnano le origini della città, sospese tra storia e leggenda, definiscono l’anima stessa di questo territorio e i segni della struttura topografica e delle condizioni urbanistiche della città attraverso i secoli. È opinione comune che la città di Mantova sia di fondazione etrusca. La leggenda che ha, come è noto antiche e illustri tradizioni letterarie, attribuisce all’indovina Manto, figlia di Tiresia, la fondazione della città, mito che ebbe, specie nel Rinascimento, non trascurabili riflessi anche nelle arti figurative. Lo stanziamento di popolazioni etrusche nella zona della Pianura Padana è attestato attorno al 1000 a. C. e i territori lungo il corso del fiume Mincio, importante via commerciale di collegamento con i percorsi pedemontani in direzione di Como e di Brescia e in comunicazione con i paesi d’Oltralpe, furono caratterizzati da una fioritura di centri che si protrasse fino alla romanizzazione. Fra i centri maggiori si ricordano il Forcello (presso Bagnolo San Vito), il Castellazzo della Garolda, Poggio Rusco, Bozzolo e Mantova città.

Canneto nelle valli del Mincio (parcodelmincio.it)

L’anima di Tiresia appare ad Odisseo (Wikimedia)

Le origini di Mantova, in particolare, secondo le  ipotesi più accreditate, si possono fare risalire all’inizio del VI  secolo a. C., forse quando, sotto la spinta dell’occupazione gallica,  gli Etruschi, abbandonata la zona del Forcello presso Bagnolo San Vito,  che non offriva forse una sufficiente garanzia di difesa, si rifugiarono  sulle rive degli odierni laghi dove le acque fornivano una naturale  copertura contro gli attacchi degli invasori.
Di quello che è ritenuto l’originario nucleo d’origine etrusca non restano evidenti testimonianze archeologiche e ad oggi risulta complesso definire  la forma della Mantova di quel periodo, che verosimilmente avrebbe  dovuto svilupparsi nella zona più alta della città antica. In genere è,  infatti, accettata l’ipotesi che un primo insediamento abbia potuto  avere origine sulla piccola penisola che a nord-est, sporgendo da una  lunga isola, formava in mezzo ad acque insidiose quanto protettrici, un  piccolo dosso relativamente elevato nel modesto quadro delle ondulazioni  locali. Inizialmente è probabile che si trattasse poco più di un  villaggio di capanne, circondato da stagni e paludi, che la sua  estensione corrispondesse o rientrasse entro i confini della città  medioevale fino al XII secolo e che presentasse i caratteri di un centro  fortificato.
Aulo Cecina, in età cesariana, riferendosi alla fondazione  etrusca della città, la definì infatti oppidum proprio come Plinio il  Vecchio oltre un secolo più tardi, mentre Servio Danielino la definì  castellum, interpretando così i muros ricordati da Virgilio. Quello che è  certo è che gli Etruschi iniziarono la valorizzazione agricola del  territorio, bonificando e canalizzando a fini irrigui corsi d’acqua  precedentemente inutilizzati.
Più in generale nella Pianura Padana gli Etruschi misero in atto un complesso sistema economico che fu però fortemente danneggiato nel corso del IV secolo dalla migrazione delle popolazioni celtiche. In particolare i Galli Cenomani, un ramo degli Aulerci, si insediarono nel tratto di pianura tra Brescia e Verona risparmiando solo Spina, Adria e Mantova da questo sconvolgimento. Gli scavi archeologici ad oggi non hanno infatti restituito alcuna documentazione gallica che non sia dell’avanzata fase della romanizzazione (I secolo a. C.), quando in tutta la Transpadana si formò una koiné culturale “gallo-romana” che livellò le precedenti differenze etnico-culturali. La città in particolare ha restituito materiali che provano una continuità di insediamento etrusco anche dopo l’occupazione gallica, confermando quindi in parte come la città abbia a lungo conservato «grazie alla sua

formidabile posizione strategica e forse anche dall’essersi trovata anche tra i Cenomani filoromani, il suo status urbano, il nome etrusco e forse anche la lingua». La penetrazione romana nel territorio mantovano cominciò con una lenta infiltrazione a partire dalla fine del III secolo a. C. e in modo più deciso nel secolo successivo. Mantua divenne colonia fittizia nel 89 a. C., quando alle popolazioni della Transpadana fu concesso il diritto latino (ius Latii), e, dopo avere ottenuto la cittadinanza romana nel 49 a. C., fu ascritta alla tribù Sabatina e ordinata a municipio. In epoca romana l’area dell’attuale provincia di Mantova non era un territorio omogeneo, il cosiddetto ager mantuanus comprendeva, infatti, rispetto alla moderna estensione un territorio più ristretto i cui confini sono ancora d’incerta delimitazione. Le fonti, sia letterarie sia archeologiche, documentano un territorio in gran parte acquitrinoso, coperto di faggi, salici, olmi, abitato da popolazioni dedite all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Si deve ricordare che nell’ambito della romanizzazione della Valle Padana rientra anche l’ampia centuriazione del Mantovano, connessa alla confisca dei terreni decisa da Ottaviano e alla successiva distribuzione di lotti ai veterani della guerra civile avvenuta negli anni intorno al 40 a. C., di cui resta illustre testimonianza nelle Bucoliche di Virgilio. Il nucleo principale del paesaggio era l’urbs, in questo caso Mantua, punto di riferimento politoco-religioso-amministrativo dell’ager circostante, ove erano ubicati gli insediamenti minori (vici) e i complessi rustici (villae). Resta da stabilire come si presentasse Mantova in questo periodo. Alla luce dei reperti archeologici ad oggi rinvenuti è difficile stabilire con esattezza l’area occupata dalla città e quale dovesse essere il termine della parte abitata nella zona prospicente il fiume, considerato anche che all’epoca le acque si estendevano probabilmente assai più di quanto non appaia ora. Pochissimi sono i dati certi. Circondata dalle acque del Mincio e disegnata da alture e avvallamenti colmati con riporti di terreno a cominciare dal I secolo d. C., sembra che la città in epoca romana non fosse molto più estesa di quella etrusca, forse di dimensioni modeste, parva la definì infatti Marziale nel confronto con Verona. Del centro urbano, localizzato in parte in corrispondenza della città medioevale fino al XII secolo, si conoscono in parte i tracciati stradali, l’esistenza di un porto, che sorgeva ad occidente, nell’Ancona (attuale piazza Virgiliana), alcune abitazioni i cui resti sono stati rinvenuti a più riprese in particolare in piazza Sordello, piazza Paccagnini, via Tazzoli e verso piazza Erbe. Sulle aree funerarie si possono fare ipotesi: una necropoli, forse gravitante su una strada antica, era ubicata nella zona compresa fra via Pomponazzo, via Orefici e via Frattini; l’esistenza di un’area funeraria monumentale, d’incerta ubicazione,

La civiltà etrusca in Italia (Wikimedia)

Anfora etrusca (parcoarcheologicoforcello.it)

è indicata dal ritrovamento dei resti di un mausoleo nel cortile del Seminario e d’alcune stele ed epigrafi reimpiegate in chiese o edifici. Si trattava certamente di una città fortificata, di un oppidum, le cui tracce tuttavia non sono completamente riconoscibili nel tessuto urbano attuale. I pochi reperti archeologici sembrano confermare che una cinta muraria sia stata costruita non prima del III secolo d. C. in parte sopra i resti di una zona abitata, forse dopo il pericolo corso al tempo dell’invasione dei Quadri e dei Marcomanni nel 167, quando Verona sembrò assumere il ruolo di baluardo difensivo.

Dell’antica cinta muraria si sono ricostruiti, seppure con lunghi tratti ipotetici, il lato meridionale (via Tazzoli/via Accademia e via Cavour) e quello occidentale (via Montanari, area del Seminario), mentre dei lati nord-nord/est ancora nulla di sicuro si conosce; probabilmente in antico doveva esservi una vasta palude che sola forse isolava la città. Non è improbabile che a Mantova si riproponesse una situazione analoga a quella di Verona, ovvero una cinta muraria eretta solo su due lati in quanto le acque del Mincio, come appunto quelle dell’Adige, costituivano un elemento di difesa giudicato sufficiente. Così delineata la città sembra risalire all’epoca bassoimperiale (IV secolo d. C.), ma è possibile che in età protomedio imperiale (I-III secolo d. C.) la città intramurana occupasse un’area più ampia.

I mosaici romani in piazza Sordello (cittadimantova.it)

Principali fonti bibliografiche

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