Mura della terza cerchia

 

Veduta della città con le mura della terza cerchia

 

Veduta delle mura della terza cerchia con gli interventi cinquecenteschi

 

Veduta delle mura della terza cerchia alla vigilia del sacco del 1630

 

Veduta della mura della terza cerchia alla fine del XVII secolo

 

Veduta della mura della terza cerchia alla fine del XVIII secolo

 

Veduta della mura della terza cerchia al 1866

Galleria fotografica

Descrizione

Le mura merlate della terza cerchia, sporadicamente intervallate da torrioni e baluardi, circondavano l’intero centro abitato che occupava tutta l’area insulare, escluse le due zone meridionali del Te e del Migliaretto. A Nord, nel tratto di mura compreso fra la diga-ponte dei Mulini e il ponte di San Giorgio, un varco, difeso da una torre merlata, consentiva l’acceso all’Ancona di Sant’Agnese. A sud del castello di San Giorgio, in asse con l’omonimo ponte, si trovava Porta San Giorgio, detta anche del Volto Oscuro, in seguito inglobata nella Corte Nuova di Palazzo Ducale. Oltre questa porta si trovavano la Torre Nuova e altre tre torri merlate appartenenti al tratto di mura successivo, verso Porto Catena o San Nicolò. A sud la cinta muraria merlata era interrotta da Porta Pusterla e da Porta Cerese, la quale immetteva al lungo argine che attraversava le basse terre di Migliaretto. All’angolo sud-occidentale, dove le mura piegavano grossomodo in corrispondenza dell’attuale piazzale Gramsci e di via Fancelli, si ergeva una torre chiusa, mentre una seconda torre scudata si trovava nei pressi delle due torri triangolari di Porta Pradella (già dell’Aquadrucio). Procendendo lungo il perimetro si incontrava poi l’accesso turrito al Portazzolo di San Francesco, dove ancor oggi sopravvive una porzione di muro difensivo con feritoie da arciere.
Nel XVI secolo, il piano di ristrutturazione generale del sistema fortificato cittadino portò all’aggiornamento e al potenziamento della cinta muraria attraverso la realizzazione di baluardi circolari e poligonali come i bastioni di Gradaro, del Te, di Sant’Alessio (che sorgeva all’altezza dell’attuale piazzale Gramsci), e il baluardo di San Giorgio, detto anche del castello o del giardino. In quella occasione le merlature delle mura medioevali furono demolite o forse solo abbassate, rinfiancate da rampari e da un terraglio interno e potenziate verso l’esterno con fodere murarie, basamento a scarpa e un più ampio fossato che prese il nome di Fossa Magistrale, sul cui tracciato insiste l’attuale viale Risorgimento.
Nel corso del XVIII secolo il piano per la messa in difesa della fortezza di Mantova portò alla costruzione di nuovi bastioni in particolare a ridosso dei tratti occidentali e orientali, e alla ricostruzione e rafforzamento dell’intera cinta muraria con la realizzazione di terrapieni e parapetti. Lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria mantennero l’assetto e il disegno della cinta magistrale fino a quando, venuta meno la sua funzione militare, prese avvio quel processo che portò alla dismissione e alla scomparsa delle antiche e moderne fortificazioni. Oltre alla demolizione delle opere più esterne, furono distrutti ampi tratti della cinta magistrale, in particolare sul fronte occidentale, compreso tra Porta Pradella e il bastione di Sant’Alessio, e sul fronte meridionale, nel tratto compreso invece tra il suddetto bastione e la rondella di Gradaro. Le porzioni di mura che si trovavano verso i laghi vennero per lo più conservate. Esaurita, infatti, la loro funzione difensiva furono adattate, trasformate e talvolta ricostruite con funzioni di difesa idraulica.

Principali vicende storiche

All’inizio del XV secolo, Francesco I Gonzaga, accanto ad interventi idraulici e difensivi che interressarono il contado, dopo aver preannunciato già nel 1397 la ripartizione dei nuovi quartieri, decretò il definitivo ampliamento della città, includendo ufficialmente anche tutta l’area del suburbio, situata a meridione del Rio (escludendo le due zone meridionali del Te e del Migliaretto), organizzando al meglio la città per eventuali necessità difensive. L’organismo urbano venne così ad occupare tutta l’area insulare con la conseguente definitiva configurazione dei limiti della terza cerchia di mura, di fatto completata nel corso del XVI secolo. Se, infatti, nel corso della seconda metà del XV secolo le fortificazioni di Mantova subirono sostanzialmente interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, fu solo a partire dal XVI secolo che queste furono concretamente aggiornate e potenziate. Nel corso del XVI secolo fu, infatti, Francesco II Gonzaga a promuovere una ristrutturazione generale del sistema fortificato cittadino attraverso la ricostruzione e il potenziamento della cinta esistente in base alle più aggiornate teorizzazioni difensive. I lavori procedettero poi con particolare slancio grazie al figlio Federico II, che confermò all’ingegnere Alessio Beccaguto la soprintendenza delle opere. Nel 1522 Beccaguto aveva previsto la fine dei lavori entro i dieci anni successivi, ma nel 1528 egli morì e i lavori furono interrotti. Gli interventi si erano limitati al tratto compreso tra Gradaro e Pusterla dove si erano realizzati due bastioni a pianta circolare, caratteristici della fine del XV secolo e dell’inizio del XVI secolo, il primo di fianco a Gradaro e il secondo di fronte all’isola del Te. Il progetto prevedeva anche il rifacimento delle mura orientali e settentrionali, da San Nicolò a Mulina, interventi rimasti però solo sulla carta. I lavori ripresero sotto la direzione dell’uomo d’arme Capino de Capo che seppe introdurre le più aggiornate concezioni dell’architettura militare e che nel 1531 era intento ad ultimare il baluardo poligonale di Sant’Alessio. Solo nel 1569 fu ripreso il progetto non realizzato di Alessio Beccaguto che prevedeva un bastione a protezione del complesso residenziale della Corte, il cosiddetto baluardo di San Giorgio (o del castello o del giardino), opera aggiuntiva realizzata poi nel settimo decennio del secolo sotto la direzione dell’ingegnere Giovanni Angelo Bertazzolo.
Dopo il passaggio della città ai Gonzaga di Nevers, seguirono sporadici interventi di rinnovamento e potenziamento delle difese, dettati prevalentemente da incombenti necessità di guerra e dalla necessità di adeguarsi di volta in volta a mutate esigenze difensive, che testimoniano l’evoluzione del sistema difensivo progressivamente esteso con l’aggiunta di opere esterne.
Caduto il governo di Casa Gonzaga, all’inizio del XVIII secolo, la città fu annessa all’Impero asburgico assumendo, all’interno della compagine dei territori imperiali, un fondamentale ruolo strategico-militare per la difesa dei territori imperiali dell’Italia settentrionale. La cinta magistrale fu ulteriormente potenziata: oltre alla ricostruzione di ampi tratti di cortina muraria furono innalzati nuovi bastioni e baluardi. In particolare all’inizio degli anni Quaranta per ordine del comandante della fortezza Otto von Wallsegg fu aggiunto un baluardo al tratto di mura compreso fra le antiche chiese di San Nicolò e di Santa Maria del Gradaro e negli anni Cinquanta, nell’ambito di un organico piano per il potenziamento dell’intero sistema difensivo cittadino, redatto dal capitano ingegnere militare Nicolò Baschiera, furono approntati lavori di ricostruzione e di rafforzamento in particolare attraverso la realizzazione di terrapieni e parapetti. Interventi che nel 1763 risultavano quasi del tutto completati. Lavori analoghi furono eseguiti anche alla fine del XVIII secolo e nel corso della prima metà del XIX secolo; si trattò in prevalenza di lavori di riparazione e di manutenzione.
Nel corso del XIX secolo la cinta muraria racchiudeva ancora il cosiddetto “corpo di piazza”, il nucleo più interno della città, trasformata in piazzaforte e parte del più ampio sistema difensivo del Quadrilatero. Tra i lavori eseguiti si ricordano in particolare, tra il 1831 e il 1840, il rifacimento delle mura e la costruzione di nuovi terrapieni nel tratto in corrispondenza dell’antico cimitero degli Ebrei e all’inizio degli anni Cinquanta del XIX secolo il completamento lungo tutta la cinta muraria del camminamento di ronda.
Con l’annessione al Regno d’Italia e la graduale perdita del ruolo strategico-militare riconosciuto ed attribuito alla città si avviò quel processo che portò alla dismissione e alla scomparsa delle antiche e moderne fortificazioni. Oltre alla demolizione delle opere più esterne, infatti, furono distrutti i baluardi posti a ridosso delle mura e ampi tratti delle mura stesse. Le porzioni murarie verso i laghi vennero per lo più conservate. Esaurita, infatti, la loro funzione militare divennero importanti elementi per la difesa della città dalle inondazioni dei laghi.

  • Classificazione Tipologica
    Mura
  • Ubicazione
    GPS: N 45.1594, E 10.7996
  • Stato di conservazione
    Si conservano brevi tratti delle strutture originarie e i sedimi su cui si ergono le strutture della difesa idraulica perimetrale della città.
  • Proprietà o Ente di riferimento
    Privata
    Ministero dei Lavori Pubblici
  • Accessibilità
    Per la maggior parte sono raggiungibili percorrendo le vie indicate
  • Destinazione d’uso attuale
    Murature di edifici, di recinzione e contenimento.
  • Principali fonti bibliografiche
    Bonora Previdi, C. (2009)Mantova e le difese imperiali. Architettura e ingegneri militari durante gli anni della prima amministrazione asburgica (1707-1797), «Postumia», 20/1-2.
    Carpeggiani, P. (1992)Il libro di pietra. Giovan Battista Bertani architetto del Cinquecento, Milano, Guerini Studio.
    Carpeggiani, P. (1994)Bernardino Facciotto. Progetti cinquecenteschi per Mantova ed il Palazzo Ducale, Milano, Guerini Studio Editore.
    Carpeggiani, P. (1997)«Una fortezza quasi inespugnabile e che sarà la chiave di questo stato», in Stefano Guazzo e Casale fra Cinque e Seicento, Atti del Convegno (Casale Monferrato, 22-23 ottobre 1993), a cura di D. Ferrari, Roma, Bulzoni Editore, pp. 241-271.
    Carpeggiani, P. (1998)Ingegneri a Mantova tra XVI e XVII secolo, in Giambattista Aleotti e gli ingegneri del Rinascimento, a cura di A. Fiocca, Firenze, L. S. Olschki Editore, pp. 269-292.
    Carpeggiani, P. (2004)I Gonzaga e le difese di Mantova dalla Cittadella di Porto ai progetti del Facciotto, in La difesa della Lombardia spagnolaAtti del Convegno di Studi (Politecnico di Milano, 2-3 aprile 1998), a cura di G. Colmuto Zanella, L. Roncai, Istituto Italiano dei Castelli/Politecnico di Milano, Cremona, Ronca Editore, pp. 227-236.
    Carpeggiani, P.Pagliari, I. (1983)Mantova. Materiali per la storia urbana dalle origini all’Ottocento, Mantova, Gianluigi Arcari Editore.
    Davari, S. (1875)Cenni storici intorno ad opere di fortificazione della città di Mantova del secolo XVI, Mantova, Tip. Eredi Segna.
    Ferrari, D. (1988)Ingegneri militari al servizio dei Gonzaga nel Cinque e Seicento, in Guerre, stati e città. Mantova e l’Italia padana dal secolo XIII al XIX, Atti delle Giornate di Studio in omaggio di Adele Bellù (Mantova, 12-13 dicembre 1986), a cura di C.M. Belfanti, F. Fantini D’Onofrio, Mantova, Gianluigi Arcari Editore, pp. 263-294.
    Ferrari, D. (2000)La città fortificata. Mantova nelle mappe ottocentesche del Kriegsarchiv di Vienna, Modena, Il Bulino.
    Marani, E. (1967)Il paesaggio lacustre di Mantova fra antichità romana e Medioevo, parte seconda, «Civiltà Mantovana», a. II, quaderno 11, pp. 361-387.
    Marani, E. (1969)Indicazioni documentarie fondamentali sulle tre cerchie di Mantova, «Civiltà Mantovana», a. IV, n. 22, pp. 225-240.
    Marani, E. (1969)Le tre cerchie di Mantova: una città in espansione nel tardo Medioevo, «Civiltà Mantovana», a. IV, n. 20, pp. 69-86.
    Marani, E. (1983)La Masseria di Mantova e i suoi affreschi, in La Masseria a Mantova. Città e Castelli alla fine del Medioevo, Publi Paolini, Mantova.
    Mazzoldi, L. (1961)Da Ludovico secondo marchese a Francesco secondo duca, in Mantova. La Storia, Mantova, Istituto Carlo D’Arco per la Storia di Mantova, vol. II, pp. 3-374.
    Mazzoldi, L. (1963)Da Guglielmo III duca alla fine della seconda guerra mondiale, in Mantova. La Storia, Mantova, Istituto Carlo D’Arco per la Storia di Mantova, vol. III, pp. 3-191.
    Paccagnini, G. (1960)La città e il suo territorio, in Mantova. Le Arti, Mantova, Istituto Carlo D’Arco per la Storia di Mantova, vol. I, pp. 3-65.
    Palvarini, M.R.Perogalli, C. (1983)Castelli dei Gonzaga, Milano, Rusconi Editore.