Doppia testa di ponte sul Po presso Borgoforte

 

Veduta generale al 1866

 
Veduta del forte Centrale(Central Werk) al 1866
Veduta del forte di Boccadiganda (Werk Bocca di Ganda) al 1866
 

Veduta del forte Rocchetta (Werk Rocchetta) al 1866

 
Veduta del forte di Motteggiana (Werk Noyeau) al 1866

Galleria fotografica

Descrizione

Quando nellaprimavera del 1860 il genio militare asburgico diede inizio all’attuazione del piano per la realizzazione della doppia testa di ponte sul Po furono realizzate quattro opere: sulla riva destra fu realizzato il cosiddetto Forte Noyeau o di Motteggiana (Werk Noyeau) posto ad immediata difesa del ponte militare, mentre sulla riva sinistra furono previsti il Forte Centrale (Central Werk o Magnaguti) che intercettavala strada in direzione di Mantova, fiancheggiato dalle opere Rocchetta (Werk Rocchetta) e Boccadiganda (Werk Bocca di Ganda), poste a cavaliere sull’argine maestro del Po.
Il Forte di Motteggiana, di cui oggi rimane parte del ridotto adattata a sostegno del ponte della linea ferroviaria Mantova-Suzzara, si sviluppava su impianto poligonale a base pentagonale, caratterizzato da un fronte di gola leggermente rientrante a tracciato tanagliato, con due portali d’ingresso inseriti simmetricamente ai lati del tamburo. All’esterno del fronte di gola si trovava la piazza d’armi, munita di linee trincerate laterali atte a battere d’infilata l’argine e il fiume, mentre internamente si trovava il grande ridotto casamattato a corpo lineare composito e si accedeva ai terrapieni, su cui erano collocati i pezzi d’artiglieria separati da traverse in terra. I terrapieni verso il fossato erano completati da muro staccato alla Carnot con caponiere ad orecchie di gatto sugli angoli di spalla. L’imponente struttura, considerata la distanza dal corpo di piazza, era stata concepita per garantire una buona autonomia alle truppe ivi stanziate: esternamente nella cosiddetta piazza d’armi vi era infatti il forno per la panificazione. Così strutturato questo forte poteva ospitare trentadue pezzi d’artiglieria e un presidio di quattrocentottanta uomini. Il Forte Centrale invece, oggi in buona parte conservato, è articolato su un impianto poligonale a base ottagonale, protetto da un doppio fossato esterno. Era caratterizzato da cinque caponiere semplici e da un corridoio coperto, munito di feritoie per i fucilieri che correva lungo tutti i lati; nel rientrante dell’ottagono, posto verso l’abitato di Borgoforte, erano collocati il ponte e l’arcuato portale d’ingresso. Da qui, ancora oggi, superata la poterna, sotto il terrapieno, si accede al piazzale interno da cui un tempo partivano quattro rampe per l’accesso ai rampari e ove si erge il grande ridotto casamattato. Oggi il tracciato della SS62 non costeggia più il forte ai limiti del suo perimetro orientale ma lo attraversa a ridosso del ridotto centrale.
Il Forte Centrale, che poteva accogliere diciannove pezzi d’artiglieria e un presidio di cinquecentotrenta uomini, era fiancheggiato dalle opere laterali Rocchetta e Bocca di Ganda, oggi scomparse, entrambe di carattere semipermanente e realizzate ad impianto poligonale.

Principali vicende storiche

Nel 1814, la ridefinizione dei confini sancita dal Congresso di Vienna impose alla monarchia asburgica una completa e attenta valutazione delle proprie difese, giudicate ormai insufficienti anche a fronte delle profonde trasformazioni introdotte nei metodi e negli atteggiamenti degli eserciti in campo. Durante le campagne napoleoniche la mobilità delle artiglierie aveva infatti segnato la fine delle fortezze isolate e aveva determinato l’affermarsi di un’organizzazione difensiva di carattere territoriale, in cui le singole piazzeforti erano concepite come piazze di manovra al servizio dell’armata di campagna, con conseguenti trasformazioni della concezione stessa delle fortificazioni. Nel 1819 l’arciduca Giovanni Battista d’Austria, nominato nel 1801 direttore generale del Genio, dopo aver valutato attentamente l’assetto del sistema difensivo esistente con ricognizioni condotte anche personalmente, nel suo piano di rafforzamento delle difese imperiali individuava per i territori italiani un unico sistema difensivo in direzione nord-sud, da Brixen a Mantova, che avrebbe stabilito e garantito una sicura via di comunicazione tra il Tirolo e la Pianura Padana, in grado di consentire sia il ripiegamento sia la preparazione di manovre controffensive. In pianura, la piazzaforte di Mantova appoggiata dalle posizioni più arretrate di Peschiera, Legnago e Verona, avrebbe assunto, secondo il piano dell’arciduca, una funzione di primaria importanza all’interno di un sistema che avrebbe stabilito una connessione tra le linee fluviali del Mincio e dell’Adige, effettivamente realizzata solo dopo il 1848, con Verona, però, al posto di Mantova, centro gravitazionale dell’intero sistema. Per un adeguato assetto strategico del Lombardo-Veneto l’Austria doveva però poter assicurare la propria presenza anche sui territori della sponda destra del Po. Uno dei luoghi ideali per predisporre una postazione fortificata a cavaliere sul fiume, secondo il modello della ‘testa di ponte’ semplice o doppia, fu ritenuto Borgoforte, località caratterizzata dalla presenza di un forte restringimento del Po e da insenature adatte al ricovero e alla sosta delle imbarcazioni. In posizione mediana fra Piacenza e Ferrara, punti di forza della linea di difesa austriaca sul Po, Borgoforte era infatti direttamente collegato alla linea del Mincio e sufficientemente vicino ad una piazzaforte come quella di Mantova, fortificata dall’arte e dalla natura. La realizzazione di un tale passaggio avrebbe garantito all’Austria, in generale un rafforzamento della linea difensiva del Mincio e in particolare uno sbarramento della linea del Po, oltre ad un sicuro passaggio per eventuali operazioni offensive contro l’Italia centrale. Avrebbe inoltre determinato un ulteriore potenziamento delle difese della fortezza di Mantova secondo le più aggiornate teorizzazioni dell’arte fortificatoria. In particolare, la realizzazione di una doppia testa di ponte, come opera avanzata della fortezza mantovana, avrebbe consentito di metterla in diretto contatto con il Po, un collegamento ormai ritenuto indispensabile al fine di confermarne il fondamentale valore strategico-militare.
Opinioni, convinzioni e idee che si trovano chiaramente esplicitate in numerose relazioni, cui fecero seguito diverse elaborazioni progettuali solo in parte indagate e analizzate. Risale al 1837 un ampio progetto redatto dal capitano Mayer, su incarico del feldmaresciallo Radetzky, che illustra la soluzione di una linea difensiva a disegno circolare, disposta sugli argini opposti del fiume, definita da dodici torri (sette sulla riva destra e cinque su quella sinistra), congiunte da un trinceramento campale. Soluzione elaborata secondo specifiche che prescrivevano la capacità di opporre un’efficace e vigorosa resistenza ad eventuali attacchi nemici, l’impiego limitato di tremila uomini per la sua difesa, la possibilità di effettuare operazioni di carico e scarico delle imbarcazioni in sicurezza e la dotazione di magazzini per generi alimentari capaci di garantire la sussistenza di trentamila uomini per un mese. Lo stesso FML Radetzky sostenne l’estrema importanza militare e strategica dell’opera proposta ai fini di un generale rafforzamento della linea Mincio-Po, garanzia per l’Austria di un sicuro passaggio sul Po, e in particolare per il potenziamento e rafforzamento della fortezza di Mantova. Le fonti ad oggi indagate non forniscono però ulteriori indicazioni, quasi certamente l’assenza di necessità contingenti e motivi economici giustificarono il ritardo e il rinvio di qualsiasi decisione in merito. È certo che solo alla fine degli anni Quaranta si manifestò indifferibile ed urgente la necessità per l’Austria di garantirsi un sicuro passaggio sul Po. Durante la campagna di guerra del 1848/1849 l’effettiva validità e potenzialità di un dispositivo di piazzeforti collegate alle linee fluviali dell’Adige, del Mincio e del Po furono sperimentate e confermate, con il conseguente aggiornamento delle principali piazzeforti attraverso la realizzazione di opere staccate secondo le più aggiornate teorizzazioni. Mantova in particolare, con le sue fortificazioni ben articolate e integrate con i laghi e le valli circostanti, definiva, direttamente con Peschiera e Borgoforte, seguendo la primitiva linea di difesa fluviale generata dal Garda ed estesa lungo il Serraglio sino alla riva del Po, un sistema in grado di controllare agevolmente il lato occidentale del Quadrilatero. Validità confermata anche dal progetto redatto nel 1850 dal barone Eduard von Maretich, Genie Director a Mantova, per la testa di ponte di Borgoforte, secondo le indicazioni del defunto FML Franz von Scholl. Ancora una volta fu proposto un sistema difensivo su impianto circolare caratterizzato da cinque torri distaccate, gravitanti sulle rive opposte (tre sulla riva sinistra, due sulla riva destra) e congiunte da un trinceramento campale. Quando a conclusione della guerra contro i franco-piemontesi del 1859 l’Austria fu costretta a cedere la Lombardia, escluse Mantova e Peschiera, il nuovo confine fu posto lungo il Mincio, da nord fino alle Grazie per giungere in linea retta a Scorzarolo e da qui lungo il corso del Po a Luzzara. Il Quadrilatero divenne presidio di frontiera e la combinazione Adige-Mincio-Po prese forma a nord con la disposizione della testa di ponte semplice di Pastrengo su disegno di Daniel Salis-Soglio, mentre a sud, per compensare la perdita di Piacenza e Ferrara, si dispose l’ulteriore sviluppo di Borgoforte a doppia testa di ponte. La configurazione fortificatoria iniziale fu definita già nel giugno 1859, in tempo di guerra, con provvedimenti difensivi attuati mediante opere campali in sola terra, che, ristabilita la pace, alla fine del 1859 una commissione mista di Artiglieria e Genio decise di trasformare in opere a carattere permanente.
Nella primavera del 1860 si diede inizio all’attuazione del piano, in forma ridotta per ragioni economiche, rimandando a successivi interventi la completa esecuzione del disegno fortificatorio. Sulla riva destra fu realizzato il cosiddetto Forte di Motteggiana (Werk Noyeau) posto a immediata difesa del ponte militare, mentre sulla riva sinistra furono previsti il Forte Centrale (Central Werk) che intercettavala strada in direzione di Mantova, fiancheggiato dai due forti minori Rocchetta (Werk Rocchetta) e Boccadiganda (Werk Bocca di Ganda), posti a cavaliere sull’argine maestro del Po. Nel 1864 fu completato il raggio fortilizio o di spianata dell’intera opera entro cui il Ministero della Guerra rendeva noto che non era consentito alcun cambiamento senza approvazione dell’autorità militare. La testa di ponte dipendeva dal comando di fortezza di Mantova che, con ordine del 23.4.1866, prescrisse di iniziare le operazioni per la messa in stato di difesa. Durante le ostilità del 1866 l’ormai collaudato sistema del Quadrilatero mostrò ancora una volta l’efficacia del proprio potenziale difensivo, inutile però per la conservazione da parte dell’Impero dei territori del Lombardo-Veneto. La loro definitiva annessione al Regno d’Italia significò una revisione del valore strategico fino ad allora assegnato al Quadrilatero. Eredi del grandioso dispositivo asburgico, gli ingegneri militari del Regno d’Italia, dopo il 1866, concepirono la linea del Po come una frontiera interna di sicurezza verso settentrione e il Quadrilatero, a direttrici d’azione rovesciate, come una postazione offensiva o di ripiegamento strategico per la futura guerra contro l’impero austro-ungarico. Per Mantova e per l’intera linea difensiva del Mincio, significò la progressiva conclusione di quel lungo periodo che li aveva visti fra i protagonisti assoluti degli avvenimenti bellici che avevano investito l’Italia settentrionale, durante il quale la progettazione e la realizzazione di opere difensive, strettamente connesse alla morfologia e conformazione geografica, sempre aggiornate sulla base delle moderne esigenze belliche, avevano profondamente inciso sulla fisionomia del territorio.

Osservazioni

Nelle opere di Borgoforte si possono riconoscere i modelli più perfezionati e architettonicamente compiuti della fortificazione ottocentesca austriaca. Si tratta infatti di forti riconducibili al sistema poligonale misto della Scuola neotedesca, in cui la varietà delle forme planimetriche d’insieme, secondo le figure del pentagono, dell’ottagono o di altri poligoni, si combina con ridotti casamattati per il ricovero del presidio a corpo lineare composito, a figura triassiale, a crociera, sulla base di rigorose disposizioni balistiche che si coniugano alla capacità e al talento degli ingegneri militari imperiali di trasferire nella definizione del carattere stilistico di tali opere le tradizioni costruttive del luogo. Il sistema fortificato di Borgoforte nel suo complesso si presentava di fatto con caratteristiche del tutto originali rispetto a quanto si stava realizzando in altre regioni del Quadrilatero ad opera degli stessi ingegneri militari. Caratteristiche che dall’impianto si estendono ai materiali e alle forme, espressione di quel ragionato eclettico che contraddistingueva l’operato del Corpo degli Ingegneri imperiali ed evidente nel confronto delle architetture del Quadrilatero.

  • Classificazione Tipologica
    Doppia testa di ponte a forti poligonali
  • Progettisti
    Gedeon Radò de Szent-Màrtony
    Otto Beck von Nordenau
    Victor Gustav von Hermann
    e altri
  • Ubicazione
    Comune di Borgo Virgilio (MN); Comune di Motteggiana (MN).
    GPS: N 45.3237, E 10.4513

  • Stato di conservazione
    Delle quattro opere che costituivano questo sistema difensivo si conservano: buona parte del Forte Centrale (Central Werk o Magnaguti) e una piccola porzione del ridotto del Forte Noyeau (Werk Noyeau o di Motteggiana).
  • Proprietà o Ente di riferimento
    Enti di riferimento Comuni di Borgo Virgilio e di Motteggiana.

  • Accessibilità
    Il forte Centrale è accessibile solo nella parte esterna. La porzione del ridotto del Forte Noyeau non è raggiungibile con viabilità ordinaria.
  • Destinazione d’uso attuale
    Parte dell’area esterna del Forte Centrale è destinata a funzioni ricreative; il fossato esterno è riservato alla pesca sportiva.
    La piccola porzione del ridotto del Forte di Motteggiana è stata adattata a sostegno del ponte della linea ferroviaria Mantova-Suzzara.
  • Principali fonti bibliografiche
    Bonora, C. (1999)Le difese militari, in Mantova e il suo territorio, a cura di G. Rumi, G. Mezzanotte, A. Cova, Milano, Cariplo, pp. 213-247.
    Bonora Previdi, C. (2003)Il Mincio e la guerra. Storia di eserciti e fortificazioni, in Mincio. Parco laboratorio. Cultura e tecniche di manutenzione e valorizzazione del paesaggio, a cura di R. Pugliese, Milano, Edizioni Unicopli, pp. 223-247.
    Bonora Previdi, C. (2009)Strutture e sistemi difensivi. La doppia testa di ponte sul Po presso Borgoforte, in Il sistema idroviario mantovano. Il ruolo di Mantova e del suo porto e il sistema idroviario diffuso del territorio, a cura di I. Pagliari, Reggio Emilia, Diabasis, pp. 111-125.
    Bonora Previdi, C. (2012)Il Mantovano e le difese imperiali. La doppia testa di ponte sul Po presso Borgoforte, in Architektur und Denkmalpflege. Festschrift für Manfred Wehdorn zum 70. Geburtstag, Hrsg. R. Stalla, A. Zeese, Innsbruck, Studienverlag, pp. 53-64.
    Bonora Previdi, C.Roncai, L. (2008)Da città ducale a capoluogo di provincia: l’architettura a Mantova 1707-1946, in “Storia di Mantova. Uomini, ambiente, economia, società, istituzioni. Le radici del presente (1792-1960)”, a cura di M.A. Romani, vol. II, Mantova, Tre Lune Edizioni, pp. 73-155.
    Bozzetto, L.V. (2010)Ultime sembianze marziali tra terre e acque virgiliane. La piazza forte asburgica, in Il paesaggio mantovano dall’età delle riforme all’Unità, Atti del Convegno (Mantova, Teatro Scientifico, 19-20 maggio 2005), a cura di E. Camerlenghi, V. Rebonato, S. Tammaccaro, Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti, Firenze, Leo S. Olschki, pp. 379-388.