Nell’ottobre 1866, firmata la pace, gli austriaci lasciavano definitivamente la città e mentre la milizia cittadina ovunque li sostituiva, la vita sembrava scorrere senza scosse apparenti: i vecchi organi amministrativi austriaci continuavano ad assolvere la propria funzione ma per la città e il suo territorio iniziava un nuovo, importante e storico capitolo. Le mutate realtà politiche, economiche ma soprattutto militari, conseguenza dell’annessione al Regno d’Italia, che sancì la fine del valore strategico del sistema difensivo asburgico del Quadrilatero, determinarono infatti i primi significativi fermenti e le prime iniziative finalizzate a una trasformazione e a un rinnovamento dell’organizzazione urbana, con una decisa diversificazione funzionale del territorio e del suo patrimonio edilizio e una conseguente lenta e progressiva distruzione della città chiusa, compatta, della città-fortezza che determinò il superamento della forma urbis che aveva caratterizzato per secoli l’immagine di Mantova.
Dopo l’unificazione, la città, pur descritta come bella e gradevole (nonostante la condizione di fortezza avesse vincolato e limitato drasticamente lo sviluppo di alcune componenti urbane), appariva in ogni caso, nella sua conformazione, inadeguata al processo di modernizzazione che il nuovo Stato intendeva avviare. La nuova classe dirigente locale, che aveva sostituito funzionari in gran parte di provenienza straniera, sovente assoggettati all’autorità militare, dovette confrontarsi, fin dall’inizio, con problematiche essenzialmente connesse ai trasporti, ai temi dell’economia, alle servitù militari e alle conseguenti dispute e controversie di carattere igienico-sanitario.
L’onere delle servitù assediava il centro urbano inibendo ogni forma d’espansione, ogni tipo di costruzione in vicinanza delle mura e delle opere fortificate.
Partenza degli austriaci dalla fortezza di Mantova, 1866
(Le Monde Illustré, n. 496, 13 Octobre 1866)
Porta Cerese, Studio Calzolari, 1901
(ASCMn, Raccolta fotografica, cart. 16, fasc. 7/3, foto 3)
All’interno del nucleo urbano le caserme dislocate negli antichi complessi conventuali soppressi, i magazzini, gli ospedali, l’arsenale (che serviva anche come fabbrica di armi) e numerosi palazzi sede di comandi e alloggi d’ufficiali, mantennero la loro funzione, fino alla vigilia della Seconda guerra mondiale; inoltre la gestione del sistema idraulico cittadino, determinante per la salubrità dell’aria e da sempre parte integrante del sistema difensivo, rimase competenza del Genio militare che poteva discrezionalmente intervenire in caso di ravvisata necessità. Situazione nel complesso indicata come un ostacolo alla modernizzazione e causa principale dell’insalubrità e delle gravi condizioni igieniche della città stessa. Le prime concrete operazioni che contraddistinsero l’inizio della trasformazione urbanistica e architettonica della città possono essere considerate le interpellanze rivolte al Parlamento, a partire dal 1883, riguardanti le condizioni igienico-sanitarie e la questione delle servitù militari. “Effettivamente a Mantova oggi toccano tutti i danni e nessuno dei vantaggi dell’essere fortezza. Mantova è soffocata da un cerchio di forti proprio attorno alle ultime case; non può respirare; non può risanarsi e ne avrebbe bisogno; non può stabilire delle industrie; non può porsi convenientemente in comunicazioni col resto d’Italia e della provincia stessa per mezzo di ferrovie, o per mezzo di tranvie, giacché vi è sempre l’enorme difficoltà delle opere fortilizie che non si possono in alcun modo toccare, opponendosi risolutamente il Genio militare ad ogni lesione dell’integrità dei forti”. Con queste parole l’onorevole Antonio d’Arco iniziava il proprio discorso col quale chiedeva al Ministro della guerra, onorevole Ferrero, di far esaminare “da una speciale commissione quali delle vecchie opere fortilizie di Mantova siano del tutto inutili in ogni eventualità, qualunque abbia da essere la destinazione futura di Mantova”.
Nella seduta del consiglio comunale del 14 maggio 1883 si comunicava che la commissione municipale, di ritorno da Roma, “ebbe affidamento che dietro produzione di un rilievo tecnico identificante i terrapieni od opere fortilizie prossimi alla città, di cui si desidera l’atterramento, questo potrà essere disposto senza ritardo; essendo già stabilito dai competenti dicasteri militari che nell’assetto futuro della fortezza di Mantova i forti immediatamente circondanti la città saranno inutili, dovendosi invece portare le fortificazioni a più rilevanti distanze a norma delle esigenze moderne per una importante fortezza”.
Iniziava così una lunga e difficile trattativa che, assieme ai lavori per la difesa idraulica perimetrale della città portò alla sistematica demolizione delle opere di difesa più esterne e di tratti della cinta muraria e delle porte urbane che per secoli avevano tracciato il limite e l’immagine della città stessa. Nel 1892, l’amministrazione riuscì ad ottenere, infatti, il benestare per abbattimento del rivellino di Porta Pradella, mentre nel 1900 fu redatto il progetto per la demolizione del rivellino di Porta San Giorgio e della Porta Cerese, ritenuta dalla commissione per la conservazione dei monumenti priva dei “pregi artistici e storici” necessari per meritarne la conservazione. Nel 1901 fu pianificata la demolizione della torre di Porta Mulina e di Porta Pusterla assieme alla sua loggia; nel 1902 fu spianato il rivellino di Porta Virgilio, infine risale al 1904 il progetto per la demolizione di Porta Pradella (detta Belfiore), realizzato però, con modalità differenti, solo alcuni decenni più tardi. Si trattò di interventi autorizzati poichè non compromettevano l’assetto della fortezza considerata ancora militarmente fondamentale, comunque non sufficienti a consentire la ripresa e lo sviluppo della città. Essi furono comunque accompagnati da un acceso e vivace dibattito che raggiunse risultati significativi quando il Ministero della Guerra accolse le ripetute richieste del Comune per la sistemazione della cinta fortificata, la demolizione dei fortilizi a ridosso delle mura e la conseguente bonifica dei terreni. Il 28 novembre 1904 fu concordato uno schema di convenzione, stipulata il 17 luglio 1905 e modificata l’anno successivo. Terminati i lavori il comune sarebbe entrato in possesso dei terreni dei lotti IV (Trinceramenti del Migliaretto e del Te), V (Forte Belfiore, opere a Corno di Pradella; terreni fra il Canale Paiolo e la Strada del Pompilio, terreni fra la strada Cremonese e la Batteria del Lago), VIII e IX (Cinta, Fossa Magistrale e Bastione Giardino).
Per esigenze legate alla difesa, secondo le quali Mantova avrebbe dovuto essere trasformata in un grande campo trincerato e divenire una piazzaforte di riserva per l’equipaggiamento e il vettovagliamento delle truppe, non poteva però essere concessa l’abolizione delle servitù militari.
Già nel 1904 mentre si completava lo spianamento del rivellino di Ognissanti furono approvati i lavori per spianare il bastione di San Barnaba, abbassare quello di Sant’Alessio e spianare il ramparo della Barriera Pusterla; fu inoltre presentato il progetto di spianamento del bastione del Giardino presso Porta San Giorgio. Nel 1907 fu deciso di proseguire e ultimare le opere di abbattimento del ramparo tra Porta Pusterla e Porta Virgilio e del Rondello di Sant’Anna e si discuteva in merito alla demolizione del ramparo da Porta Virgilio all’ex cimitero degli Ebrei, che avrebbe consentito di ricavare terra da trasportare nella Valletta Valsecchi. Nel 1909 si deliberarono d’urgenza i lavori di spianamento del forte che nella tenuta del Te era addossato alla ferrovia Mantova-Legnago e lo spianamento del Forte di Belfiore, dell’Opera a Corno di Pradella, la sistemazione a scopo di bonifica dei terreni compresi fra il canale Paiolo e la strada del Pompilio e di quelli fra la ferrovia Mantova-Cremona e la Batteria del Lago.
Contemporaneamente proseguivano le iniziative per ottenere l’affrancamento dalle servitù militari la cui abolizione o riduzione era però assolutamente collegata alla sistemazione difensiva della piazza. Nuove richieste e ulteriori valutazioni portarono comunque, nel giugno 1909, all’esenzione dal vincolo di servitù per i terreni compresi fra la cinta magistrale e i fronti di gola delle opere più avanzate, ovvero la Batteria del Lago, il Forte Belgioioso, il fortino Pompilio e della zona costituente la Valletta Valsecchi nonché del terreno interno del Campo Trincerato e di quello alla gola della Lunetta Frassino oltre che alla superficie dei laghi di Mezzo e Inferiore e di una parte notevole di quello Superiore. Si trattava però di affrancamenti tutto sommato marginali nell’ottica di un più ampio disegno di sviluppo ed espansione della città.
Bombardamanto del ponte dei Mulini, 10 settembre 1944
(Mantova Vecchiotta)
L’azione del Comune proseguì con la richiesta per l’abbattimento dei forti più esterni e nel 1911 tutte le opere esistenti in riva destra di Mincio, la Batteria del Lago, i forti Belgioioso e Pompilio, tutti i trinceramenti del Te, il Campo Trincerato con i bastioni 1, 2 e 3, i trinceramenti del Migliaretto coi bastioni 3, 4, 5, 6, 7, a eccezione del Forte di Pietole, venivano radiate dal novero delle fortificazioni e per i terreni circostanti cessava qualunque onere di servitù militare. Nello stesso anno si procedeva con la presentazione del progetto per lo spianamento di parte del Trinceramento del Migliaretto e la bonifica della adiacente Valletta Valsecchi, mentre nel 1914 vennero radiate anche le fortificazioni in riva sinistra di Mincio. Dopo la prima guerra mondiale la demolizione delle mura magistrali fu ritenuta occasione di lavoro per i tanti disoccupati e nel 1925 finalmente fu sancito l’ampliamento del territorio comunale realizzato aggregando gli antichi borghi sparsi attorno alla città: Borgo Angeli, Dosso del Corso, la borgata di Chiesa Nuova, il Migliaretto, la Lunetta di San Giorgio, parte del Frassino e Cittadella. Nel 1927 anche il Trinceramento del Migliaretto veniva radiato dal novero delle fortificazioni con completa affrancazione dalla relativa servitù e nel 1929 con la redazione del piano regolatore per la ricostruzione del Borgo di San Giorgio il Comune acquistava i terreni costituenti l’ex opera fortilizia della Lunetta di San Giorgio messa in vendita dal demanio. Ancora nel 1932 il Comune acquistava dal demanio i terreni dell’ex campo trincerato del Te per poterne cavare terra da impiegare nella realizzazione delle Vallette e con convenzione del 15 maggio 1933 si consentiva la soppressione dei vincoli e delle servitù militari imposte sui terreni ceduti in base alla convenzione del 1905-1906 e nel 1942 per i terreni ceduti in base alla convenzione del 1913.
Dopo la seconda guerra mondiale quando la città dovette affrontare la ricostruzione il disegno della città chiusa, compatta, della città-fortezza era ormai definitivamente cancellato dai tracciati di un’espansione residenziale a macchia d’olio rapidamente propagatasi oltre il limite delle antiche mura.
Oggi poco resta di antiche e moderne fortificazioni: le vestigia di castelli medioevali nella zona dell’alto Mincio si accompagnano a frammenti di tratti della cinta muraria di Mantova, a Porta Giulia e al bastione di Santa Maria della Cittadella di Porto, alle fatiscenti e inutilizzate lunette di Frassine e Fossamana e all’imponente forte napoleonico di Pietole avvolto da una fitta boscaglia al margine del lago Inferiore.
Principali fonti bibliografiche
Bonora Previdi, C. (2005), L’architettura a Mantova tra fine Ottocento e inizio Novecento, in Il Palazzo della Camera di Commercio in Mantova. Una fascinosa invenzione architettonica di Aldo Andreani, a cura di R. Signorini, Mantova, Editoriale Sometti, pp. 15-36.
Bonora Previdi, C. (2014), Mantova da piazzaforte a capoluogo di una provincia ritrovata. Trasformazioni urbane tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo nelle pagine della “Gazzetta” e de “La Voce di Mantova”, in Gazzetta di Mantova. 1664>2014 trecentocinquant’anni avanti, a cura di D. Ferrari, C. Guerra, Catalogo della Mostra (Mantova 1 settembre-31 ottobre 2014), Mantova, Publi Paolini, pp. 73-86.
Bonora Previdi, C.-Roncai, L. (2008), L’architettura: da città ducale a capoluogo di provincia, in «Storia di Mantova. Uomini, ambiente, economia, società, istituzioni. Le radici del presente (1792-1960)», a cura di M.A. Romani, vol. II, Mantova, Tre Lune Edizioni, pp. 73-155.
Fontana, A. (1989-90), La dismissione delle fortificazioni di Mantova (dal 1870 al 1940), tesi di laurea, relatore M.G. Sandri, correlatore L. Roncai, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura.